Una disfida che non ha avuto né vincitori né vinti. La storia, ignorando la questione, ha imposto un amichevole pareggio. Anche perché il risultato, in fondo, va bene ad entrambi. Villa de l’Abate, ovvero Villabate, secondo un’usanza linguistica che tendeva a semplificare i nomi originari dandogli un italianissimo tocco di sintesi. Sul fatto che Villabate derivi da Villa de’ l’Abate non c’è dubbio. Ma di quale abate si parla? Di Antonio, appartenente alla famiglia Agnello che da Palermo si trasferì all’inizio del XVIII secolo con una piccola corte di dipendenti nell’attuale territorio del paese, generando quella che potrebbe definirsi la prima comunità stanziale?
Oppure di Giovanni de Osca dell’abbazia di santo Spirito di Palermo che ebbe il merito di edificare nel XV secolo case, fondaco e torre creando un vero e proprio Villaggio dell’Abate?
L’unica certezza è che nel dubbio, in fondo, stava bene lasciare nel nome del paese la traccia dell’abate, senza ulteriori approfondimenti. Del resto, sia Antonio Agnello che Giovanni de Osca, entrambi abati, possono essere considerati benemeriti e di fatto padri fondatori.