I disegni di Armodio in mostra alla galleria Arfin di Palermo. L’allestimento prorogato fino al 30 novembre

Con la mostra “Armodio – Disegni 1976/2007”, curata da Giovanni Faccenda, dal 25 ottobre 2008 (inaugurazione ore 18.00) apre i battenti la Galleria Arfin di Palermo (via Marchese Ugo 28/a), diretta da Giuseppe Alcamo e dedicata alla figurazione fantastica.
Attraverso una quarantina di opere su carta, la mostra ricostruisce il percorso creativo di Armodio, uno dei maggiori interpreti dell’arte figurativa contemporanea, la cui pittura unisce una raffinata vena umoristica e surreale ad una tecnica di esecuzione straordinaria.
La mostra, patrocinata dalla Provincia Regionale di Palermo, dal Comune di Palermo e dall’AMAP, resterà aperta fino al 30 novembre, tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20. Ingresso libero. Catalogo in galleria.
Armodio, il cui vero nome è Vilmore Schenardi, nasce a Piacenza nel 1938 e già da bambino è travolto da una intensissima vocazione artistica. Tra il ’51 ed il ’52 frequenta l’Istituto Gazzola di Piacenza, ma ben altro peso avrà lo Studio Spazziali, dove il giovane apprende nuove tecniche, trovando una propria identità e creatività. Nel ’54 abbandona il laboratorio di Spazziali e si trasferisce nello studio di Foppiani. Nei primi anni Sessanta si unisce a loro il pittore Carlo Bertè, che dividerà lo Studio fino al 1980. Attorno a loro si forma un libero gruppo di artisti e intellettuali animati da una comune propensione per le contaminazioni culturali, sensibili alle trasgressioni giocose e intenzionati a leggere il reale sotto il segno dell’ironia. Di tale tendenza, meglio conosciuta come Scuola di Piacenza, Armodio rappresenta l’ala estrema, rivolta al concettuale, sensibile al nonsense, animata da un’ironia beffarda che permea composizioni minuziose.
Il sodalizio tra Armodio e Foppiani durerà trent’anni, fino alla morte di Foppiani avvenuta nell’’86. Nel ’63 Armodio tiene la sua prima personale piacentina nella sede della galleria Città di Piacenza. Nel ’64, per merito di Foppiani, approda alla galleria l’Obelisco di Roma. Successiva è la partecipazione a una serie di collettive, come quella del ’65 presso l’Istituto Italiano di Cultura a Tripoli. I primi guadagni arrivano quando, attraverso il pittore Gaetano Pompa, conosce l’americana Lily Shepley, che gli aprirà le porte del mercato statunitense. Nel ’69 Armodio si reca, con l’amico Bertè, a Londra dove soggiorna per diversi mesi, venendo a contatto da un lato con la pittura nordica dalla luce fredda e tagliente, dall’altro con le culture indiana, persiana, giapponese. Esperienze queste che contribuiranno alla svolta pittorica di fine anni Sessanta. Tornato in Italia, Armodio collabora con la Galleria Forni di Bologna che cura diverse sue mostre. Nel ’72 entra in contatto con Philippe Guimiot, titolare di un’omonima galleria a Bruxelles, che decide di esporre le opere dell’artista. Da questo momento il rapporto con Guimiot diventa stabile. Nel ’78 l’artista si reca a Parigi dove rimane per circa un anno. Nel ’79 torna in Italia e, insieme a Bertè, apre una stamperia che rimarrà attiva per oltre tredici anni. Nel 1984 conosce la gallerista Claudia Gian Ferrari e, l’anno successivo, espone nella sua galleria milanese. Negli anni Novanta collabora con diverse gallerie italiane tra cui la galleria Braga di Piacenza, la sua amata città, punto di riferimento irrinunciabile.