Le misure di protezione del segnalante
Al segnalante e agli altri soggetti previsti nell’art. 3, comma 5, (ovvero, soggetti che, in ragione del ruolo assunto nell’ambito del processo di segnalazione e/o del particolare rapporto che li lega al segnalante, potrebbero essere destinatari di ritorsioni) si applicano le misure di protezione stabilite dal D.lgs. n. 24 del 2023 quando ricorrono le seguenti condizioni:
a) al momento della segnalazione, la persona segnalante aveva fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate fossero vere e rientrassero nell’ambito oggettivo previsto dal decreto;
b) la segnalazione è stata effettuata secondo le procedure previste.
I motivi che hanno indotto la persona a segnalare sono irrilevanti ai fini della sua protezione.
Il D.lgs. n. 24/2023 ha previsto un sistema di protezione che comprende:
1. La tutela della riservatezza del segnalante, del facilitatore, della persona coinvolta e delle persone menzionate nella segnalazione.
2. La tutela da eventuali ritorsioni adottate dall’ente in ragione della segnalazione, divulgazione pubblica o denuncia effettuata e le condizioni per la sua applicazione.
3. Le limitazioni della responsabilità rispetto alla rivelazione e alla diffusione di alcune categorie di informazioni che operano al ricorrere di determinate condizioni.
Inoltre, al fine di rafforzare l’efficacia delle tutele previste dal decreto, il legislatore ha previsto misure di sostegno al segnalante da parte di enti del Terzo settore inseriti in un apposito elenco pubblicato da ANAC.
Salvo quanto previsto dall’articolo 20 del D.Lgs. n. 24 del 2023 sulle limitazioni di responsabilità, quando è accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, le tutele non sono garantite e alla persona segnalante o denunciante è irrogata una sanzione disciplinare.
La tutela della riservatezza (art. 12)
La riservatezza rappresenta il principio cardine del whistleblowing. Le segnalazioni, infatti, non possono essere utilizzate oltre quanto necessario per dare seguito alle stesse. L’identità della persona segnalante e qualsiasi altra informazione da cui può evincersi, direttamente o indirettamente, tale identità non possono, inoltre, essere rivelate senza il consenso espresso della stessa persona segnalante a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni.
I corollari della tutela della identità del segnalante sono:
a) preferenza per la gestione informatizzata delle segnalazioni, con il ricorso a strumenti di crittografia;
b) sottrazione della segnalazione e della documentazione ad essa allegata al diritto d’accesso agli atti amministrativi previsto dagli artt. 22 e ss. della l., n. 241/1990 e accesso civico generalizzato ex art. 5 del d.lgs. n. 33/2013;
c) rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali.
Le segnalazioni e la relativa documentazione sono conservate, ai sensi del D.Lgs. n. 24 del 2023, non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione.
Laddove dalla segnalazione emergessero profili di rilievo penale e di danno erariale, la Città Metropolitana di Palermo provvederà a trasmettere la segnalazione alle competenti Autorità giudiziarie e, laddove, queste ultime dovessero richiedere i dati identificativi del segnalante, l’Ente è tenuto a fornire tale indicazione. Nell’ambito del procedimento penale, l’identità della persona segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 329 del codice di procedura penale. Nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l’identità della persona segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria.
Divieto di ritorsione (art. 17-18)
Il decreto prevede, a tutela del whistleblower, il divieto di ritorsione definita come “qualsiasi comportamento, atto od omissione, anche solo tentato o minacciato, posto in essere in ragione della segnalazione, della denuncia all’autorità giudiziaria o della divulgazione pubblica e che provoca o può provocare alla persona segnalante o alla persona che ha sporto la denuncia, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto”. Si tratta quindi di una definizione ampia del concetto di ritorsione che può consistere sia in atti o provvedimenti che in comportamenti od omissioni che si verificano nel contesto lavorativo e che arrecano pregiudizio ai soggetti tutelati. La ritorsione può essere anche “solo tentata o minacciata”.
La competenza a ricevere e gestire le comunicazioni di ritorsioni da parte del segnalante e degli altri soggetti sottoposti a tutela è dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).
Esempi non esaustivi di comportamenti ritorsivi (articolo 17, comma 4 del D.Lgs. n. 24 del 2023) sono:
• il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;
• la retrocessione di grado o la mancata promozione;
• il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;
• la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;
• le note di merito negative o le referenze negative;
• l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;
• la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;
• la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;
• la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;
• il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
• i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;
• l’inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l’impossibilità per la persona di trovare un’occupazione nel settore o nell’industria in futuro;
• la conclusione anticipata o l’annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi;
• l’annullamento di una licenza o di un permesso;
• la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.
Nell’ambito dei procedimenti aventi ad oggetto l’accertamento dei suddetti comportamenti, atti od omissioni, si presume che gli stessi siano stati causati dalla segnalazione e l’onere della prova contraria è a carico di colui che ha posto in essere i comportamenti ritorsivi.
Limitazioni di responsabilità per chi segnala (art. 20)
All’insieme delle tutele riconosciute dalla disciplina al segnalante, denunciante o a chi effettua una divulgazione pubblica si devono ascrivere anche le limitazioni della responsabilità rispetto alla rivelazione e alla diffusione di alcune categorie di informazioni. Non è punibile l’ente o la persona di cui all’articolo 3 che riveli o diffonda informazioni sulle violazioni coperte dall’obbligo di segreto, diverso da quello di cui all’articolo 1, comma 3, o relative alla tutela del diritto d’autore o alla protezione dei dati personali ovvero riveli o diffonda informazioni sulle violazioni che offendono la reputazione della persona coinvolta o denunciata, quando, al momento della rivelazione o diffusione, vi fossero fondati motivi per ritenere che la rivelazione o diffusione delle stesse informazioni fosse necessaria per svelare la violazione e la segnalazione, la divulgazione pubblica o la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile è stata effettuata nelle modalità richieste dalla legge.