RINASCE L’ORGANO OTTOCENTESCO DI S. GIOVANNI BATTISTA, A BISACQUINO: DUE ANNI DI LAVORI PER RIDARE VOCE AL “MONUMENTO” SONORO

Palermo, 22 febbraio 2008 – Da più di cinquant’anni non aveva più voce né pubblico. Poi il terremoto del ’68 aveva ulteriormente danneggiato l’assetto strutturale. Oggi, dopo mezzo secolo, ritrova la sua voce solenne e recupera anche la bellezza monumentale e la raffinatezza di tanti preziosi dettagli.
E’ l’organo ottocentesco conservato nel Duomo di S. Giovanni Battista di Bisacquino. Realizzato dall’artigiano siciliano Antonino Ragonese tra il 1861 (data che fu impressa sulla porta della cassa in legno insieme alla firma dell’artigiano) e il 1877 (anno in cui terminarono effettivamente i lavori), l’organo di impronta classica ma con molte concessioni allo stile personale, è stato restaurato dalla Provincia regionale di Palermo, su iniziativa dell’assessorato ai Beni culturali e monumentali guidato da Giuseppe Colca.
Gli interventi di recupero, costati 100mila euro, curati dalla Soprintendenza provinciale ai Beni culturali guidata da Maurizio Rotolo, sono stati progettati e diretti da Rosa Di Liberto e portati avanti con la collaborazione e la consulenza del maestro organista Diego Cannizzaro. Ad eseguirli è stata la ditta del catanese “Artigiana Organi s.n.c.”, di Francesco Oliveri; le cantorie (ovvero la balconata) sono state restaurate da Vincenzo Musumeci. Nel team dei progettisti, i tecnici della Provincia Luigi Guzzo e Felice Ajello, che si sono avvalsi della collaborazione di Mario Dragotto e Giuseppe Lodovisi. Responsabile unico del procedimento, Paolo Mattina.
Il monumento ritrovato è stato presentato alla comunità il 23 febbraio, con una cerimonia di inaugurazione e benedizione dell’organo e il concerto del maestro Cannizzaro, che ha letteralmente gremito la cattedrale di Bisacquino. Sono intervenuti l’assessore Colca;  il vescovo di Monreale, monsignor Di Cristina; la sovrintendente regionale, Adele Mormino; il parroco don Lino De Vincenti; il musicologo Paolo Emilio Carapezza; i responsabili dei lavori. 

“E’ un’operazione di grande pregio – ha commentato Colca – che la comunità di Bisacquino e tutto il territorio aspettavano da anni. Ma è anche la conferma dell’impegno dell’amministrazione a favore del patrimonio storico e artistico della provincia, con interventi ‘decentrati’ di recupero della nostra identità e della nostra memoria. Perché un territorio così ricco è anche un motore prezioso per lo sviluppo e la crescita economica”.

Il prospetto dell’organo è articolato in tre campate scandite da lesene che inquadrano archi a forma di ogiva, che decrescono in altezza verso i lati. Le quattro lesene, dipinte con effetto marmo, poggiamo su uno zoccolo e culminano con dei capitelli scolpiti nel legno secondo lo stile corinzio. Le dorature sottolineano i profili delle fogli d’acanto. Sulle due ogive minori si trovano due pannelli dipinti con immagini che ricordano la musica e motivi vegetali. Nella parte inferiore della cantoria si trovano la pedaliera e la doppia tastiera. Lungo il lato destro del coro un trompe l’oeil crea l’illusione di un organo gemello e la costruzione di una balconata del tutto identica e affacciata sul coro della chiesa rende ancor più realistica la “finzione”.
La balconata é delimitata da un elegante parapetto in ghisa, nel cui pannello centrale c’è un grande vaso su cui sono raffigurati due uccelli  che beccano l’uva, mentre due serpenti chiudono simmetricamente ai lati la composizione. Dalle ricche decorazioni della ringhiera, fra tralci vegetali che si attorcigliano in lunghe spirali, occhieggiano i grifi, leggendarie creature mitologiche.
La chiesa, dall’evidente stile neoclassico, ha una pianta articolata in tre navate separate da pilastri, con cappelle laterali. La costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1713, ma fino al 1925 continuò a subire modifiche e aggiustamenti, in particolare con l’aggiunta dell’imponente cupola centrale. All’interno, sul fondo dell’abside, di grande impatto è la Madonna Assunta dipinta nel 1777 da Gioacchino Martorana, che sembra prendere il volo dai marmi colorati dell’altare maggiore.

Ma in mezzo a tanta opulenza erano ben visibili i danni e l’incuria del tempo. Le pitture e le dorature della cantoria risultavano spente, opacizzate, a causa dell’accumulo di polvere e delle aggressioni degli insetti; le tastiere ed i comandi dei registri erano sconnessi. Ancora più tangibili i guasti della struttura fonica: la meccanica e le trasmissioni dello strumento erano arrugginite, molte canne deformate e piegate a causa della caduta di calcinacci. Ai guasti causati dal tempo e dall’uso si aggiungevano i danni provocati dai topi, che avevano letteralmente “tarlato” il legno della cassa in più punti.

Il restauro conservativo che ha preso avvio nel marzo 2006 ha ripercorso a ritroso il procedimento seguito per la costruzione dell’organo. Le moltissime componenti dello strumento sono state censite, inventariate, rilevate e fotografate prima di essere smontate e trasportate in laboratorio, dove sono state restaurate. Tutte le operazioni hanno avuto come obiettivo conservare la fisionomia e l’armonia dello strumento, preservando accordatura e intonazione originali. Le componenti mancanti o irrimediabilmente danneggiate sono state ricostruite rispettando i criteri originali che hanno ispirato Ragonese. Per le integrazioni é stato fatto ricorso a tecniche e materiali tradizionali: esemplare il restauro dei mantici, per il cui rivestimento sono state impiegate 2200 pelli di piede di agnello bianco, conciate con allume di rocca.
Il riordinamento delle canne é stato uno dei compiti più affascinanti e delicati dei restauratori: liberate dagli imballi, raggruppate per registro di appartenenza, ogni singola canna é analizzata e catalogata su schede.
La cassa lignea e la cantoria, necessariamente separate dall’apparato fonico, sono state affidate alle mani di specialisti che hanno lavorato all’interno della chiesa. Sono state eseguite inoltre analisi sui solventi più adatti alla pulitura delle varie componenti. Gli interventi hanno avuto come culmine la ricollocazione in chiesa delle parti smontate e l’accordatura finale dello strumento. Così l’organo é tornato ad essere, secondo la felice definizione di Ferdinando Tagliavini,  un vero e proprio “monumento sonoro”.
Il concerto in programma sabato pomeriggio prevede in scaletta brani per organo di Gregorio Strozzi, Alessandro Scarlatti, la partitura per organo della messa composta nel ‘700 da un Anonimo pistoiese, il Floeten concert di Johann Christian Rinck, la Messa per organo in sol maggiore di Giovanni Quirici. In chiusura, l’esecuzione della Polka marziale per dopo la Messa, che recupera la tradizione in voga nell’800 di chiudere la liturgia con brani di musica dal tema profano, molto amati dai fedeli ma osteggiati dalle autorità ecclesiastiche. L’usanza è documentata anche in un episodio del romanzo “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, ovvero la visita a Donnafugata del principe Salina ricevuto dall’organista Ciccio Tumeo.